Description

M/Y Riva Caravelle C5 m 24

Varato nel: 1967
Progettazione: RIVA – Sarnico www.riva.com
Costruzione: DE VRIES – Olanda www.feadship.nl
Restauro: 2014
Progetto del refit: Studio Dell’Architetto Matteo Picchio
Lavori: Cantieri Navali di Sestri www.cantierisestri.it

Feadship: Riva Caravelle C5

PRESS:
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Arte Navale
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Arte Navale – 2014
Yachting Lifestyle Magazine
Mondo Barca

M/Y RIVA CARAVELLE “C5”

Rinominato ora “Caravelle”

Nel 2013 un importante imprenditore, cultore degli oggetti unici ed eleganti, già armatore di un Aquarama, acquista uno dei sette esemplari di Riva Caravelle, lo yacht si chiamava Absolute e nel tempo era stato modificato allontanandolo dalle sue linee originali: gli avevano modificato ed allungato la tuga verso poppa, alzata la sovrastruttura realizzando un fly-bridge coperto da un enorme e moderno rollbar; la battagliola del ponte principale era stata sostituita con una possente impavesata in alluminio, gli interni originali erano stati stravolti.

Volendo riportare lo yacht, che ribattezza col nome “C5” alla sua eleganza originale, pur volendo soddisfare esigenze funzionali per l’utilizzo dello yacht, si affida allo STUDIO DELL’ARCHITETTO MATTEO PICCHIO per il progetto di restauro dello yacht e ai Cantieri Navali di Sestri per l’esecuzione delle opere.

Il progetto ed i conseguenti lavori conclusisi nel 2014 hanno riportato lo yacht alla sua eleganza originale, è stata ridisegnata la tuga, con particolare attenzione agli allineamenti e agli angoli che davano all’originale Caravelle il suo ordine compositivo, ridisegnato e reinstallato l’alberetto in legno originale che non c’era più, così come le classiche potenze laterali del Caravelle che negli anni erano state rimosse. Della non originale tuga è stato mantenuto l’allungamento verso poppa che dava ovviamente più spazio interno ma aveva deturpato le meravigliose linee originali, riducendo in maniera fastidiosa il pozzetto a poppa della stessa; invece che accorciare la tuga, si è deciso, per ridare le giuste proporzioni, di allungare lo scafo verso poppa, portandolo alle dimensioni pari a quello dei primi Riva Caravelle; l’allungamento della poppa ha consentito l’installazione di un portellone beach che quando chiuso in navigazione scompare completamente, mentre quando lo yacht è all’ancora offre la possibilità di uno sbalzo a poppa dove prendere il sole ed essere usato per fare il bagno; tale beach, movimentato idraulicamente, consente l’accesso ad un nuovo locale di poppa, aperto verso il beach, dove rilassarsi e dove poter cambiarsi e farsi la doccia al coperto. Sono state progettate panche in teak per la poppa del pozzetto ed una a prua della tuga.

La battagliola è stata ridisegnata in accordo a quella tradizionale. Sono state realizzate finiture e dettagli in metallo cromato; ogni modifica è stata progettata per essere sempre in armonia con lo stile elegante Riva. Altra licenza che è stata presa è quella di ridisegnare gli interni, non utilizzando più come in origine materiali moderni nei primi anni 60 (come ad esempio il linoleum) ma seguendo scelte tradizionali, pur studiando dettagli e layout lussuosi, sobri e funzionali, si sono utilizzati materiali pregiati: legno di teak (mai pannellature, ma elementi in massello accostati magistralmente) e marmi bianchi nei bagni. Anche le zone tecniche come cucina e zona equipaggio sono state rifatte utilizzandoacciaio inossidabile e laccature bianche.

Il refit eseguito nel 2014 che ha dato lo splendore che ancora oggi si può ammirare, è stato un attento compromesso tra l’originalità dell’opera e la reinterpretazione di alcune parti; l’Architetto Picchio si è basato su attenti studi dello stile Riva applicando un restauro, non filologico ma più vicino alla concezione del restauro di Viollet-le-Duc; progettando il restauro del Caravelle ci si è resi conto di dove entrare nello spirito originale dell’opera, pur nell’adeguamento delle nuove esigenze funzionali e materiche.
E’ stata fondamentale, durante la progettazione del restauro, l’opportunità che l’Architetto Picchio ha avuto di potersi confrontare con l’Ingegner Carlo Riva, inventore del Riva Caravelle che aveva concepito insieme al Cantiere Olandese De Vries.

Galleria

Refit 2014

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IL REFITTING NEL SANGUE

By Francesco Foppiano

Milanese, classe 1968, architetto, da sempre appassionato di barche d’epoca, Matteo Picchio si è laureato al Politecnico di Milano con una tesi sul restauro della sua barca, il Raireva, un ketch di 46 piedi da lui personalmente restaurata quando era ancora uno studente. Dopo una parentesi da ufficiale degli Alpini, Picchio ha fondato, nel 1996, il suo studio di architettura. Le sua attività principali, ovviamente, sono state la progettazione di barche e il refitting di importanti yacht. A oltre vent’anni di distanza dall’inizio dell’attività, sono decine le barche, a vela e a motore, uscite con successo dalla matita di Matteo Picchio. Il suo stile sobrio, classico e fuori dai tempi gli ha tributato grande notorietà, facendo diventare l’architetto milanese una delle firme più importanti del settore. Una conoscenza approfondita di tutte le fasi di lavorazione gli permette di eseguire al meglio anche la comunicazione fra progettazione e cantiere. Il posto migliore dove incontrare Matteo Picchio è l’accogliente quadrato della sua barca, dove viene svolta gran parte della sua attività creativa. Non c’è posto migliore, d’altra parte, per concepire una barca.

Il refitting di un raro Riva Caravelle seconda serie, non è uno di quei lavori da prendere a cuor leggero. Mettere mano alle meravigliose linee uscite dalla genialità di un mito come l’ingegner Riva è un’impresa ardua, ma, per fortuna, qualcuno aveva già osato farlo e al momento dell’acquisto da parte del nuovo armatore la barca di cui stiamo parlando era già stata modificata. Se da una parte veniva a mancare l’originalità, dall’altra ci si poteva concedere delle licenze sconsigliabili su una barca originale. Al Caravelle era stato aggiunto il fly bridge, mentre la timoneria era stata allungata per accogliere un nuovo salone. Le piacevoli proporzioni erano venute meno, ma la barca era comunque impregnata di una eleganza fuori dal tempo e legata alle nobili origini dei suoi creatori: Carlo Riva, maestro nello stile, e De Vries, maestro nella costruzione. Dopo l’acquisto, il primo passo è stato quello di scegliere un architetto capace di esprimere il potenziale dello yacht. La scelta è andata a Matteo Picchio, un’autorità̀ nel settore del refitting delle barche d’epoca. Viste le premesse iniziali, la missione si presentava decisamente complessa perché le linee erano già state modificate a favore della praticità d’uso e della modernità. Le prime scelte quindi non sono state progettuali, ma filosofiche. Proviamo a spiegarci. Il celeberrimo Riva Aquarama è un magnifico esercizio di stile, un oggetto ludico divertente da usare così come è: nessuno si sognerebbe mai di modificarlo! Ma il Caravelle è altra cosa. Il solo nome evoca gli antichi vascelli scopritori del nuovo mondo e definisce la barca per come è stata concepita e disegnata: lunghe navigazioni e crociere d’altura. Il Caravelle non è divertimento, ma mezzo di trasporto: il confort, la sicurezza e la praticità̀ sono caratteristiche fondamentali per gli ospiti. Il compito di Matteo Picchio è stato quindi quello di trovare un felice compromesso fra eleganza, originalità e moderna funzionalità. Se l’allungamento della tuga aveva compro- messo l’equilibrio delle linee, diventate un po’ tozze e tronche, l’eliminazione di tale modifica avrebbe tolto la praticità di un bel salone a livello del ponte. La soluzione geniale è stata quella di allungare lo scafo, per ridare la giusta proporzione e aggiungere un prezioso volume a poppa. In questo modo si è anche impreziosito lo specchio di poppa apribile, capace di avvicinare la vita di bordo al livello del mare con una ampia terrazza sospesa. Architetto e armatore si sono poi trovati d’accordo sull’eliminazione del fly. Il suo posto è stato preso da un enorme prendisole riavvicinando così ulteriormente il Caravelle al suo stile iniziale. Anche tutte le ferramenta sono state restaurate o ridisegnate con forme consone alla barca. Gli interni, a loro volta non originali, sono stati ricondotti a quelli di uno yacht classico. Purtroppo ripristinare lo stile originale non era una strada perseguibile, in quanto gli stilemi di metà Anni ’60 non sono ancora considerati abbastanza classici per risultare eleganti. Bisognava quindi inventarsi qualche cosa di sobrio e fuori dai tempi capace di adattarsi al resto della barca. Matteo Picchio ha utilizzato una tecnica basata su un sapiente gioco di orientamento complanare delle venature del legno di teak con sottili comenti sotto- messi fra i pannelli. Un tipo di approccio in grado di donare un aspetto classico ma, al contempo, moderno e pratico. L’illuminazione è un riuscito mix fra moderni led di ambientamento e sobrie plafoniere a soffitto. Tutte le maniglie e le ferramenta interne, infine, sono state sostituite con altre identiche a quelle originali.